00 10/12/2010 19:02
Come è noto la professione infermieristica e le altre professioni sanitarie non mediche rappresentano un punto di riferimento per qualsiasi politica di sviluppo dei servizi sanitari, compresi quelli nell'ambito delle Forze armate; la legge 10 agosto 2000, n. 251 «Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica» ha rappresentato una forte innovazione nella definizione del ruolo svolto dalle professioni sanitarie, ne ha affermato l'autonomia professionale nello svolgimento delle attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva, garantendo il pieno riconoscimento della professione infermieristica sul piano dell'iter formativo, dello status giuridico, dell'autonomia professionale, valorizzando e responsabilizzando le funzioni ed il ruolo dell'infermiere, nell'interesse primario della salvaguardia del diritto di salute del cittadino, anche attraverso l'istituzione dei Servizi e delle Direzioni infermieristiche e tecniche nelle Aziende Sanitarie.

La legge 1o febbraio 2006, n. 43 «Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali ha stabilito, oltre all'iscrizione obbligatoria all'albo professionale e all'aggiornamento professionale effettuato in modalità identiche alla classe medica, che per l'esercizio di peculiari funzioni (coordinamento, funzioni specialistiche e cliniche) sono necessari specifici titoli di studio, rimodulando l'articolazione, il ruolo e la conseguente progressione di carriera.

Sebbene il Ministero della difesa, nella Direttiva SMD-L-022 riconosca al personale la possibilità di frequentare la laurea specialistica per l'assolvimento di funzioni direttive e di docenza, e sebbene presso la Commissione per la Formazione continua, istituita presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, opera personale infermieristico, in quanto prevalente l'interesse didattico formativo multidisciplinare, presso il Comitato per la formazione sanitaria del Ministero della Difesa continua ad essere presente solo personale medico.

Situazione anomala questa, aggravata dal fatto che il personale infermieristico militare italiano non risulta facente parte dei Corpi Sanitari delle singole F.A., non può usufruire dei permessi per “l'aggiornamento professionale” (obbligatorio per tutte le professioni sanitarie), non può esercitare la professione all'esterno dell'Amministrazione Difesa (come invece viene garantito al personale medico) e non può contare sulla continuità professionale.

Gli infermieri militari, seppur ormai dottori in infermieristica, oltre a non essere impiegati nell'attività di assistenza sanitaria (poiché i pazienti vengono indirizzati presso il SSN) paradossalmente rivestono un grado inferiore rispetto al restante personale sanitario (farmacisti, odontoiatri, biologi) oltre che rispetto al personale ausiliario e artigiano (crocerossine, odontotecnici, maniscalchi, vincitori di concorso per Ufficiali dei Ruoli Speciali e dei Corpi Ausiliari).

Eppure basterebbe dare uno sguardo nei restanti Paesi della NATO per comprendere quanto sia improprio il “livello gerarchico” dei nostri infermieri e quanto essi abbiano “bisogno di vedere garantita la loro continuità professionale”.

Da qualche anno la Direzione Generale della Sanità Militare ha cercato di aprire un tavolo di discussione con l'I.P.A.S.V.I. ottenendo tuttavia scarsi risultati: allo stato attuale il personale infermieristico non è stato mai censito, non esiste un controllo effettivo sull'esercizio della professione infermieristica presso le strutture militari, e, paradossalmente il personale non risulta nemmeno iscritto alla stessa IPASVI (obbligo sancito dalla L. 43/2006 e ribadito con il D.lvo 66/2010).

A tal riguardo recentemente sono state presentate alcune interrogazioni parlamentari per fare chiarezza su alcuni dei succitati punti e, nell'attesa di poter vedere risolta la questione infermieristica militare, non rimane che rimarcare l'estrema gravità della questione con la speranza che per il 2011 si possa ravvedere una soluzione definitiva.